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mag 28

Lettera a papà

Papà non ti ho mai scritto, eppure ti penso ogni giorno. Affiorano immagini: tu con il bastoncino alla Chaplin che a passettini brevi andavi a fare la partita a carte. Tu al caffè la sera quando venivo a prenderti e trovavo che tutti ti coccolavano: chi ti metteva la sciarpa, chi ti aiutava ad infilare il cappotto, chi ti allungava il cappello e il bastoncino… tu felice ti lasciavi fare…

Io osservavo commossa quel “mio pope” così mite, felice, sorridente come un bimbo per l’affetto che  tutti ti dimostravano.

Fotogrammi di ricordi dolci, malinconici quasi strazianti per quello che non ti ho mai detto. Ti ho voluto un bene dell’anima. Improvvisa la malattia. Ho capito  sai cosa ti stava succedendo, ma non volevo arrendermi, non volevo che tu cominciassi a percorrere la strada per l’Altrove come se si potesse fermare l’Ora. “…Il padrone arriva quando meno te l’aspetti….le-fo-209

Invece ti volevo qui, con me, con noi, in questa casa che mi hai donato anche se la tua mente si smarriva in meandri sconosciuti che mi sorprendevano e che faticavo ad accettare. Ti stimolavo a parlare. Ti elencavo nomi di parenti, amici, conoscenti… ti recitavo la vecchia filastrocca delle vocali. Ti rievocavo fatti, cantavo canzoni e riesumavo alla meno peggio pezzi d’opera di cui eri appassionato… Tu ridevi ed a me bastava: eri vivo! Ti portavo Flo, quella furba cagnetta nera meticcia che si accucciava vicino alla tua poltrona e tu pian piano ti piegavi, allungavi la mano tremante. Con fatica l’accarezzavi dolcemente. Una carezza lieve, silenziosa come fosse l’ultima… Ne avevi  consapevolezza? Non lo so. Nella vaghezza dei tuoi pensieri  eri misteriosamente  conscio dell’affetto che ti circondava in  quella stanza che ormai ti era consueta, familiare come le nostre voci. Una serenità tra il conscio e l’inconscio che mi ha confortata, consolata…

Papà, il bastoncino è ancora qui…