Fausto Biloslavo (a destra) con Eugenio Boschini e Amina Bongiovanni
Foto dall’articolo di Laura Cestari cronista del quotidiano “Il Resto del Carlino”
Una serata particolare per combattere il silenzio che ha caratterizzato la storia del nostro Paese con il giornalista inviato di guerra Fausto Biloslavo. “…Il dramma delle foibe dimenticato come quello dei Marò in India…”.
Un silenzio omertoso ha coperto per decenni le centinaia di migliaia di morti istriani e le tristissime vicende degli esuli per mero opportunismo politico.
Personalmente ho scoperto questo crimine storico leggendo nel 1993 un romanzo dello scrittore friulano Carlo Sgorlon “La grande foiba”.
Come tutti sapevo che le foibe erano grandi cavità chiuse, originate da doline, al fondo delle quali si trova una specie di inghiottitoio.
Non sapevo che decine di migliaia di italiani nel 1945 vi furono gettati vivi, vittime delle rappresaglie militari e politiche iugoslave.
Non se ne scriveva nei libri scolastici quando compito delle istituzioni e della scuola in particolare è quello di non dimenticare crimini che hanno sconvolto vite e cambiato la geografia del nostro Paese. Solo con la Legge 30 marzo 2004, n. 92 si deliberò d’istituire «Il Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”
La ricorrenza corre di nuovo il rischio del silenzio come dimostrato dalle contestazioni nei riguardi del cantante Simone Cristicchi quando ha presentato il suo spettacolo “Magazzino 18” luogo della memoria a Trieste sul dramma degli esuli.
Incredibile. Non sappiamo mai fare i conti con la nostra storia. Da noi le feste civili non sono mai feste di unità, ma ricorrenze sempre contro qualcuno. La Storia non si cancella.
La nostra dignità nazionale corre il rischio di liquefarsi come nel caso dell’odissea dei Marò che in comune con le foibe ha il denominatore del silenzio. Un silenzio pavido, opportunistico durato due anni. Solo ora, per uno scatto tardivo di orgoglio nazionale, per l’emozione collettiva che suscita forse si riuscirà ad evitare ai nostri due militari la pena di morte.