Un libriccino trovato nell’Archivio delle Tradizioni Popolari di Bologna ha catturato la mia attenzione.
“Giochi popolari fino al secolo XVI”. Ho allargato la mia ricerca corredandola di musiche e filastrocche che, con mia sorpresa, hanno attraversato millenni.
Infatti i giochi riflettono l’ambiente in cui un bambino vive, quindi sono l’espressione di determinate condizioni psicologiche e psichiche dell’uomo e della sua vita.
Nel percorso ho evidenziato alcuni periodi: i giochi e i giocattoli degli antichi à Greci e Romani, Barbari, Medioevo, Rinascimento.
I giochi sono antichissimi: dalla palla, ai birilli, ai dadi, ai trampoli, al gioco del cerchio, del passaparola, dei proverbi e poi giochi ginnici, di destrezza, le biglie, la trottola, le bambole, il gnagno…Niente di nuovo sotto il sole. Si sono tramandati nei secoli pur con varianti dovute al cambiamento dei costumi.
Si fanno ancora oggi questi giochi?
Già a sette otto anni bambine e bambini hanno altri passatempi.
Si immergono nei giochi moderni e solitari con una destrezza ed una abilità che mi stupisce. “Giochi passivi”, il cui abuso può incidere sullo sviluppo psico – cognitivo e che hanno fatto dimenticare i vecchi giochi e a questi nuovi del terzo millennio talora si affezionano troppo. Non sono contro queste novità se sono ben costruite e non intrise di violenza.
I nostri erano giochi semplici, gioiosi. Ci si incontrava nei cortili,per le strade, nelle piazze, nei pressi di un fosso, si rideva,si litigava,si faceva pace. Non c’erano allora giochi strutturati o d’intelligenza. Ci bastava poco. Si cresceva nel rincorrersi di giorni apparentemente uguali, ma colorati dal filo dello stare insieme.
Si racconti ai bambini dei nostri giochi, dei nostri giocattoli come un carosello di preziose memorie, di esperienze che non devono andare perdute, perchè l’affascinante mondo dei giochi, come ha affermato uno studioso “… ha creato un senso di continuità, un allegro girotondo in cui i millenni di storia si incontrano gioiosamente e quasi si annullano…”.