Oggi siamo diventati devoti della dea Pace e della dea Umanità perché non siamo più noi in grado a dover sopportare il peso della difesa, né siamo più in grado di condizionare gli eventi e le relazioni internazionali . Nel dibattito seguito in questo anno ,taluni hanno parlato della Grande Guerra come di “una strage inutile”. Non fu inutile perché allora tutte le guerre risorgimentali dovrebbero essere considerate inutili, mentre la “nazionalità d’Italia era incompleta”. Per le grandi potenze dominanti, soprattutto gli imperi centrali, nel 1913, noi saremmo diventati vassalli e per non diventare vassalli e minacciati politicamente, occorreva la dura necessità di schierarci da quella parte della bilancia che avrebbe potuto evitare un’unità faticosamente conquistata. Non possiamo, quindi, giudicare con i criteri attuali un contesto storico diverso dal presente.
Una guerra vicina – da non dimenticare
24 maggio 1915
La grande Guerra è stata una guerra di eroi. E’ vicinissima a noi. Ogni paese ha strade, monumenti che ricordano un conflitto devastante più dell’ultima guerra 1940 – 1945.
Un fronte lunghissimo di seicento km. Dal 1915 al 1918, l’Italia mobilitò quasi sei milioni di soldati e alla fine della guerra i caduti furono più di 600.000, di cui circa 100.000 nei campi di concentramento austro – ungarici.
Ai fini della riscossa italiana risultò, senz’altro decisivo, il cambiamento nella direzione politica e militare del paese: il giurista siciliano Orlando al governo, e Armando Diaz al comando supremo.
La sostituzione di Luigi Cadorna segnò l’avvio di una nuova gestione dell’esercito perché il Comandante Cadorna aveva ignorato completamente i problemi morali e materiali dei suoi uomini che, considerati semplice “carne da cannone”, erano sottoposti ad un rigido regime repressivo.
Alla fine del conflitto, nell’agosto del 1919, la commissione d’inchiesta sui fatti di Caporetto divulgò una relazione finale che riconosceva i gravi errori commessi dai vertici militari dell’esercito ed in particolare dal generale Cadorna.
Nella toponomastica castelmassese, quindi, troviamo: Via Cesare Battisti, Via Fabio Filzi, Via Nazario Sauro Via Guglielmo Oberdan, Piazza Vittorio Veneto, Viale Fattori ex viale delle Rimembranze e il Monumento ai Caduti.
A Castelmassa il Monumento ai Caduti venne inaugurato il 4 ottobre 1925
Piazza Vittorio Veneto
Nomi, percorsi, manufatti che, forse, distrattamente, guardiamo senza pensare , a distanza di cent’anni, quanto quei nomi abbiano contribuito, con sofferenze e sacrifici, all’Unità d’Italia.
Tracce indelebili. Una sorta di stradario sentimentale che non va dimenticato, ma letto, guardato con rispetto e forse commozione .
Infatti, da Nord a Sud non c’è paese, città che non abbia il suo eroe, piccolo, non da grandi imprese, ma pur sempre un eroe per quanto le narrazioni ci hanno tramandato.
La guerra vera, infatti, nella sua cruda realtà, ci viene consegnata non dai libri di testo con pagine zeppe di alleanze e intese, sequenze di date, battaglie perse e vinte, ma prive dell’umanità dolente di chi, solo, l’ha vissuta e fissata nei diari.
Ufficiali e soldati scrissero pensieri, riflessioni, critiche, slanci patriottici che riflettevano l’andamento della guerra come pensieri per rielaborare le sofferenze di quegli anni e che oggi, riemersi, costituiscono importanti frammenti di memoria vera, non retorica per comprendere meglio il grande racconto di un evento epocale che ha cambiato per sempre la fisionomia fisica e sociale non solo dell’Italia, ma dell’Europa.