La Befana precipitò dietro un cespuglio. Il sacco mezzo vuoto rotolò poco distante. La scopa rimase in bilico tra i rami. Si accucciò.
La strada sfavillava di luci tra il rumore di macchine sfreccianti. Finalmente silenzio.
Si alzò guardinga. Era la sua notte da secoli. Sbirciò da una finestra illuminata. Nella casa un’allegria serena. Due bambini ridevano seguendo su uno schermo ultrapiatto le vicende di strani personaggi che si rincorrevano, si azzuffavano in vorticose giravolte. In un angolo un mucchio di giocattoli buttati alla rinfusa come cianfrusaglie. Fece tintinnare il suo campanellino.
Per un attimo i piccoli spalancarono gli occhi in ascolto. Solo un attimo. Lo schermo di nuovo li catturò. Nessuno, ormai, sembrava attenderla. Sulla terra era stata quasi eliminata, ridotta ad un pupazzetto penzolante da bancarelle.
Ricordò il fatidico incontro di tanti anni prima
Era una notte serena. Scendeva dai monti un po’ depressa: le luci erano aumentate nelle case come l’indifferenza nei suoi confronti.
Improvvisa una scia luminosa, accecante illuminò un arco di cielo.
Veloce come un lampo fu sorpassata da una slitta trainata da renne. Sopra, un omone rubicondo dalla lunga barba bianca, di rosso vestito, la salutò sorridendo tra un suono di campanelli. Nella sua cavalcata lasciava cadere pacchi e pacchettini in uno sfolgorio di nastri colorati.
Attonita lo seguì con lo sguardo. Chi era mai? Perché la precedeva sulla terra?
Una giovane cometa le si posò accanto.
“E’ Babbo Natale, arriva ormai da alcuni anni dal Polo Nord per portare regali a tutti i bambini del mondo…”.
Raccontava la cometa e più raccontava, più la vecchietta si sentiva misera, umiliata, ferita.
Non avrebbe più voluto scendere e sorvolare camini.
Rievocò tempi remoti quando i suoi modesti doni erano attesi con trepidazione. Era una figura speciale allora. Educava a suo modo, tra il serio e il faceto.
Premiava i buoni con un giocattolo, qualche caramella, dure e dolci carrube, un mandarino… Ammoniva i capricciosi con qualche pezzo di carbone… Aiutava i poverelli lasciando davanti alle porte delle casupole fascine di rametti raccolti ai piedi degli alberi per far capire l’importanza della legna, indispensabile in epoche di miseria estrema. A lei si facevano promesse di bontà per timore, rispetto, affetto.
Ora il mondo si era capovolto. Passato e realtà. Povertà e benessere. Magia dell’attesa e disincanto. Un misto di chiaro scuri, di contraddizioni.
Il suo tempo era finito.
Raccolse scopa e sacco semivuoto rimasti dietro al cespuglio. Per sconforto s’alzò con fatica sopra i tetti.
Venne una luce vivida.
Una cometa l’avvolse nella spirale luminosa della sua lunga coda. Solcarono il cielo tra batuffoli di nuvole che si aprivano al loro passaggio verso un fulgido puntino del pianeta.
E là, delicatamente, la stella adagiò la vecchietta davanti ad una mangiatoia. Un Bimbo radioso l’accolse a braccia aperte come un dono. “Non piangere -le disse- Babbo Natale è festoso, ma porta solo oggetti, non invoglia alla vita buona. come fai tu.”. L’aurora del nuovo giorno era giunta: l’Epifania, la manifestazione del Figlio di Dio.
Comprese che non sarebbe mai stata dimenticata assieme a quel Gesù Bambino portatore di pace. “Din din, din din”…risuonò il suo campanellino. Rincuorata, s’involò in alto, sempre più in alto fino a stagliarsi all’orizzonte come una figurina nera per tornare, pacificata, ai suoi monti mentre la cometa, guizzando tra le stelle, si allontanava danzando felice nel firmamento.